mercoledì 11 gennaio 2012

Angoscia del giovedì. Dieci punti e un distico elegiaco

 1.
Sono in ritardo perfino per lasciare un bel cadavere, o un rimpianto, o una casa di proprietà.

2.
Sono anch’io automatico, come il panificio qui sopra; e sono, malgrado tutto, continuo, ma non produco nemmeno delle pagnotte cattive.

3.
Ormai l’unico che mi capisca davvero è il mio amico E.: invalido, asociale, sordo.

4.
Vien meno anche l’ultimo mio motivo d’orgoglio: la regolarità intestinale.

5.
Comincio a capire Cioran. Spero tuttavia di morire prima di arrivare a capire anche i suoi ammiratori.

6.
Dopo trent’anni di sperimentazione si è trovata la medication che fa per me («you forgot your medication again», S. used to say). Forse mi distruggerà il fegato entro due o tre anni, ma non è quello l’effetto collaterale peggiore, quanto che mi fa cadere i capelli.

7.
Ma che cosa mai pretendo di capire della politica monetaria americana, io che non capisco neanche perché il mio vicino di pianerottolo mi abbia tolto il saluto?

8.
L’ennesima riprova, ne avessi mai avuto bisogno, che sono long past my prime – l’impiegata comunale che riempie la mia carta d’identità vuole sapere il colore dei miei capelli superstiti, e prima che io possa risponderle, come sto per fare, «castani», scrive: brizzolati.

9.
È falso, ch’io faccia poco movimento: non hai fatto caso a tutti i miei tic nervosi?

10.
Oy oy gevalt.


A lungo sveglio nel buio, attento a non chiudere gli occhi,
Spero mi venga la febbre. Fa’ che mi venga la febbre.

Nessun commento:

Posta un commento